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Clinica della Coppia

Che l'amore è tutto è tutto quello che sappiamo dell'amore. Emily Dickinson

Terapia di coppia e Tradimento: Prospettive Terapeutiche

DiDr. Walter La Gatta

Feb 19, 2024

Terapia di coppia e Tradimento: Prospettive Terapeutiche

Dr. Walter La Gatta

 

L’infedeltà è uno dei problemi più comuni nella terapia di coppia: una review recentemente pubblicata (W.E. Stamps, 2020) ha identificato però solamente otto studi degli ultimi venti anni (Butler et al., 2010; Goldberg et al. , 2008; Hertlein & Piercy, 2012; Hertlein & Piercy, 2008; Moller & Vossler, 2015; Olmstead et al., 2009; Softas-Nall et al., 2008; Vossler & Moller, 2014) che hanno cercato di fornire informazioni sugli atteggiamenti e le pratiche dei terapeuti alle prese con terapie di coppia per pazienti che stanno affrontando un problema di infedeltà.

Questo articolo rappresenta una sintesi dei principali temi emersi nella citata review.

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Definizione e gravità del concetto di infedeltà

Lo studio qualitativo di Moller e Vossler (2015) ha scoperto che i terapeuti e i loro pazienti hanno spesso convinzioni diverse e contraddittorie su ciò che costituisce un atto di infedeltà, distinguendo tra infedeltà sessuale ed emotiva (Moller & Vossler, 2015): per questo è sempre bene chiarirsi in queste definizioni prima di approcciare le problematiche della coppia.

Un dilemma importante: la rivelazione dell’Infedeltà

Spesso il partner coinvolto  rivela privatamente l’infedeltà al terapeuta,  con l’aspettativa che questa informazione venga mantenuta riservata. Il terapeuta, a sua volta, può seguire una politica del tipo “nessun segreto” fin dall’inizio del trattamento, oppure decidere cosa fare in base al suo giudizio clinico (Gottlieb et al. , 2008).

Butler, Rodriguez, Roper e Feinauer (2010) hanno intervistato 130 terapeuti dopo un seminario sul trattamento dell’infedeltà, che sosteneva la divulgazione dell’infedeltà, scoprendo che l’81% di loro era d’accordo sul fatto che non è vantaggioso per la relazione che il terapeuta mantenga il segreto e il 68% non era d’accordo nel lasciare al partner coinvolto la decisione di rivelare o meno la sua infedeltà durante la terapia di coppia.

Tuttavia, una piccola ma statisticamente significativa minoranza di terapeuti credeva fermamente che mantenere segreta l’infedeltà di un paziente non avrebbe reso difficile o impossibile ristabilire una sana relazione di attaccamento. (Butler et al., 2010). Questi risultati sono in netto contrasto con studi precedenti inclusi nella revisione di Blow e Harnett del 2005, che indicavano che la grande maggioranza dei terapeuti tendeva a mantenere la riservatezza richiesta dal partner coinvolto.

I risultati diversi possono riflettere il conflitto che i terapeuti sperimentano tra le responsabilità etiche nei confronti della riservatezza del paziente e le loro convinzioni su ciò che ritengono sia vantaggioso per la coppia.

Softas-Nall e colleghi (2008) hanno scoperto che il 77,7% era d’accordo con la rivelazione del terapeuta all’altro partner (se questi fosse venuto a conoscenza della infedeltà nel contesto della terapia di coppia) e il 72% era d’accordo con la rivelazione quando l’infedeltà era in corso e la coppia aveva dei bambini. Il 58% dei terapeuti non era d’accordo nella divulgazione al/alla partner non coinvolto se la relazione riguardava il passato e il 79% non avrebbe incoraggiato la divulgazione nel contesto di una coppia interessata alla violenza domestica (Softas-Nall et al., 2008).

Nello studio di Vossler  (2014), che ha analizzato il comportamento di sette terapeuti, la maggior parte di loro ha descritto il momento della rivelazione di una infedeltà in termini di trauma, lutto e espressioni di sofferenza da parte del partner tradito, con reazioni di shock, incredulità, negazione, smarrimento, rabbia.

Spesso queste rivelazioni vengono accompagnate, da parte del partner che ha subito l’infedeltà, da un desiderio “quasi ossessivo”  che venga rivelato cosa è realmente successo, un atteggiamento potenzialmente distruttivo sia per la relazione che per i singoli partner. I comportamenti di monitoraggio eccessivo che seguono l’infedeltà possono, infatti, avere impatti negativi sulla soddisfazione e sulla longevità della relazione (Cravens et al., 2013).

Questi risultati indicano che i terapeuti di coppia attraversano un complesso processo decisionale etico e clinico nel determinare se mantenere o facilitare la divulgazione dei segreti dell’infedeltà, ricevendo scarso supporto da parte della ricerca empirica.

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Considerazioni sul trattamento.

A causa delle reazioni emotivamente forti delle coppie alla rivelazione dell’infedeltà, i terapeuti di coppia citano costantemente la necessità di contenere e gestire i sentimenti come obiettivo primario nelle fasi iniziali del trattamento (Hertlein & Piercy, 2012; Peluso & Spina, 2008; Vossler & Moller, 2014).

Vossler e Moller (2014) hanno scoperto che i terapeuti vedono gli scambi iniziali dei pazienti come espressioni da “bambino ferito” e considerano che obiettivo iniziale del trattamento debba essere lo spostare il discorso verso un dialogo “da adulto ad adulto”. La gestione di queste reazioni è uno dei compiti più impegnativi della terapia, ma è altrettanto fondamentale muoversi verso obiettivi della fase successiva, tra cui il perdono, e aiutare la coppia a vedere l’infedeltà come un sintomo di problemi relazionali più ampi (Hertlein & Piercy, 2012; Olmstead et al., 2009; Vossler & Moller, 2014).

Il perdono è un elemento comune tra le numerose linee guida teoriche sul trattamento dell’infedeltà e altri studi hanno dimostrato che la mancanza di perdono è un fattore di rischio significativo per il benessere emotivo dei partner non coinvolti  (Dupree et al., 2007; Fife, Weeks , & Stellberg, 2013; Heintzelman et al., 2014; Hertlein & Weeks, 2007; Kluwer & Karremans, 2009).

Lo studio qualitativo di Olmstead et al. (2009) ha chiesto a dieci terapeuti di coppia quali interventi consideravano più importanti riguardo al perdono, scoprendo che essi consideravano il perdono come un processo in più fasi. In primo luogo, i terapeuti tendevano ad esplorare le definizioni di perdono di ciascun membro della coppia prima di fornire informazioni sul fatto che il perdono è un processo continuo e che va distinto da altri processi ad esso associati, ma diversi (ad esempio riconciliazione e scuse) (Olmstead et al., 2009).

Sebbene i terapeuti nello studio di Olmstead et al. abbiano riferito di cominciare questo discorso sin dall’inizio del trattamento, essi hanno messo in evidenza che discutere esplicitamente del perdono richiede tempistiche importanti, per cui  se ne può parlare solo nelle fasi successive del trattamento. I pazienti potrebbero infatti aggrapparsi al fatto che si sentono offesi dal comportamento sbagliato del/della partner coinvolto per cui non desiderano, da subito, parlare di “riconciliazione” o discorsi relativi all’ “imparare da ciò che è successo”, ecc. (Olmstead et al., 2009). In uno studio, infatti, le coppie hanno riferito che la maggior parte del perdono si è verificata nella loro esperienza solo dopo la conclusione della terapia (Bird et al., 2007).

I terapeuti nello studio di Vossler e Moller (2014),  cui non sono state poste esplicite domande sul perdono, non ne hanno fatto cenno come a una componente centrale del trattamento, concentrandosi invece sui vari passaggi per gettare le basi per ristabilire la fiducia, trattare i problemi relazionali sottostanti e riformulare l’infedeltà nel contesto della relazione.

Fife et al. (2013) hanno notato che molti terapeuti evitano di affrontare direttamente il perdono nella terapia e hanno attribuito questo all’associazione tra perdono e religiosità, dove i terapeuti tendono a voler prendere le distanze dalle questioni religiose e spirituali (Fife & Whiting, 2007).

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Nei tre studi qualitativi che hanno esplorato le prospettive dei professionisti, i partecipanti hanno spesso riferito di aver aiutato i pazienti a dare significato all’infedeltà attraverso l’uso implicito della teoria sistemica per concettualizzare l’infedeltà come risultante da processi relazionali dinamici per i quali entrambi i membri della coppia condividono la responsabilità (Hertlein & Piercy, 2012; Olmstead et al., 2009; Vossler & Moller, 2014). Ad esempio, i partecipanti di Olmstead et al. ritenevano che la valutazione della famiglia di origine e della storia relazionale fosse una componente essenziale del trattamento e un prerequisito per il perdono.

La teoria sistemica può aiutare le coppie a comprendere che l’infedeltà non avviene in modo isolato e che può essere utile il riconoscimento da parte dei partner non coinvolti del loro ruolo nella relazione. Allo stesso modo, i terapeuti nello studio di Vossler e Moller ritenevano che comprendere il motivo dell’infedeltà fosse un compito primario della terapia, che veniva raggiunto comprendendo i fattori contestuali e relazionali, al fine di aiutare le coppie a ridurre la colpa e l’esplosivo impatto ad essa associato.

Hertlein e Piercy (2012) hanno scoperto che l’11% del loro campione ha riferito di utilizzare terapie sistemiche, vedendo nell’infedeltà il prodotto di processi sociali e relazionali piuttosto che il prodotto di motivazioni e decisioni individuali (Butler et al., 2008; Duba Kindsvatter, & Lara, 2008; Erzar & Simonič; 2010; Fife, Weeks, & Gambescia, 2008).

Trattamenti basati sull’evidenza

La mancanza di ricerche pubblicate sull’efficacia del trattamento dell’infedeltà negli ultimi 15 anni è uno dei risultati più sorprendenti di questa revisione, soprattutto considerando la frequenza con cui i pazienti si presentano in terapia per questo problema.

La revisione di Blow e Hartnett ha osservato che “L’infedeltà rappresenta un danno significativo alla fiducia nella relazione; in quanto tale, trattare l’infedeltà è molto diverso dal trattare un semplice problema di ‘comunicazione’. I risultati di Marin et al. (2014) sottolineano questa affermazione, come il fatto che i tassi di divorzio sono molto più alti per le coppie che hanno tenuto segreta un’infedeltà passata durante la terapia (80%) rispetto alle coppie che hanno rivelato e affrontato l’infedeltà durante il trattamento (43%),  entro cinque anni dal completamento di un ciclo di terapia di coppia ad ampio spettro (TBCT o IBCT).

Lo studio del 2005 di Atkins et al. ha scoperto che le coppie infedeli erano costantemente e significativamente più angosciate prima della psicoterapia, ma miglioravano poi a un ritmo tale da essere indistinguibili dalle coppie non infedeli, anche in termini di benessere individuale.

È interessante notare che le coppie infedeli che sono rimaste insieme dopo aver completato la terapia sono risultate equivalenti alle coppie non infedeli in termini di soddisfazione coniugale e stabilità, ed è stato riscontrato che entrambi i gruppi hanno sperimentato una maggiore soddisfazione relazionale nel tempo, dopo la terapia (Marin et al., 2014).

Atkins et al. (2010) hanno avuto risultati simili a quelli di Atkins et al. (2005) nel loro studio che confrontava 145 coppie infedeli con 385 coppie non infedeli in un campione comunitario tedesco e austriaco, che erano state trattate con il trattamento tradizionale (TAU) da terapeuti che si identificavano con una serie di orientamenti (integrativo, terapia sistemica, psicodinamica, della Gestalt e comportamentale).


Le relazioni felici Clinica della CoppiaDr. Giuliana Proietti Psicoterapeuta Sessuologa
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Dr. Walter La Gatta Psicoterapeuta Sessuologo
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Come Atkins et al. (2005), i ricercatori hanno concluso che i loro risultati erano ottimistici per le coppie che cercavano un trattamento professionale per l’infedeltà, poiché queste coppie entravano in terapia con una soddisfazione relazionale significativamente inferiore e sintomi più depressivi, ma ottenevano miglioramenti a un ritmo più rapido rispetto alle coppie che non avevano problemi di infedeltà.

La terapia di coppia, almeno inizialmente, è dunque efficace per le coppie infedeli e dimostra risultati simili alle terapie praticate su coppie non infedeli, il che suggerisce che le pratiche esistenti costituiscono una solida base che può essere adattata alle coppie che affrontano questo problema.

Trattamenti specifici per l’infedeltà

Nonostante tutte le linee guida cliniche per il trattamento dell’infedeltà pubblicate su riviste peer-reviewed e i numerosi, e in alcuni casi molto noti, libri scritti sull’argomento da terapeuti e ricercatori (Scheinkman, 2005), è stato studiato empiricamente solo un trattamento specifico dell’infedeltà, il modello integrativo di Gordon et al. (2004).

Questo trattamento si basa sulla concettualizzazione dell’infedeltà come trauma interpersonale e prevede un approccio in tre fasi, orientato al perdono, erogato in 26 sessioni (Gordon et al., 2004). Il primo passo, “Affrontare l’impatto”, prevede la valutazione individuale e relazionale, il triage di eventuali problemi di crisi, interventi volti a stabilizzare il funzionamento individuale e di coppia e la pianificazione collaborativa del trattamento. Alle coppie vengono insegnate le tecniche dell’ascolto attivo e del prendere appunti, da leggere durante la sessione successiva, per facilitare una comunicazione efficace.

Il secondo passo, “Esplorare il contesto e trovare il significato”, mira a contestualizzare la relazione da una prospettiva di sviluppo individuale e relazionale, in cui vengono esplorati i modelli di relazione co-creati mantenendo la responsabilità personale del partner coinvolto per i comportamenti di infedeltà (Gordon et al., 2004). .

Il passo finale, “Andare avanti”, implica strategie di promozione del perdono e un processo decisionale equilibrato riguardo al futuro della relazione basato sulla formulazione condivisa del motivo per cui si è creata la relazione, costruita durante le sessioni precedenti (Gordon et al., 2004).

Questo trattamento dedica un focus quasi esclusivo alla relazione rispetto ad altre questioni di coppia e gli interventi sono principalmente cognitivo-comportamentali, ma includono alcune strategie orientate all’insight.

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Due studi hanno esaminato l’efficacia di questo trattamento, incluso lo studio iniziale di Gordon et al. del 2004, scoprendo che, sebbene entrambi i membri della coppia evidenzino dei miglioramenti nel disagio individuale e relazionale, il partner non coinvolto, che inizia la terapia con maggiori sintomi di depressione e ansia, è quello che sperimenta poi una maggiore soddisfazione relazionale nel follow-up a 6 mesi.

Più recentemente, Kröger et al. (2012) hanno studiato l’efficacia di questo trattamento nel loro gruppo di controllo RCT in lista d’attesa e hanno scoperto che entrambi i partner dimostravano significativamente meno ansia e sintomi simili al disturbo da stress post-traumatico al momento della valutazione post-trattamento, mentre non ci sono stati miglioramenti clinicamente significativi nella depressione o nella soddisfazione relazionale per nessuno dei partner.

Questi risultati suggeriscono che questo trattamento specifico dell’infedeltà può portare ad alcuni limitati vantaggi individuali, ma non sembra comportare un miglioramento generale del funzionamento psicologico o relazionale di entrambi i partner.

Pertanto, è possibile che concentrarsi prevalentemente sull’infedeltà non possa portare a un miglioramento complessivo delle relazioni a seguito di una relazione; tuttavia, questa conclusione è prematura, poiché è stato studiato un solo trattamento specifico per l’infedeltà.

Kröger e colleghi hanno notato l’elevato tasso di abbandono di questo studio (56%) rispetto ad altri studi clinici sulla terapia di coppia (tra il 5% e il 24% in studi recenti), che è stato parzialmente attribuito all’attenzione esplicita del trattamento sul raggiungimento di una decisione. sul futuro della relazione, poiché più coppie hanno deciso di divorziare e abbandonare il trattamento prima di completare l’ultima fase (Kröger et al., 2012). Pertanto, potrebbe essere utile per gli approcci futuri includere strategie per aumentare il coinvolgimento e l’impegno nella terapia, inclusa l’enfatizzazione del potenziale per i pazienti di trarre benefici individuali completando il trattamento indipendentemente dai risultati della relazione.


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Un altro motivo comune per il mancato completamento del protocollo è stato segnalato come “la fine del trattamento a causa dell’impatto emotivo” (Kröger et al., 2012, p.793), che riflette il consenso ben consolidato in letteratura secondo cui questa popolazione presenta alti livelli di disagio emotivo e reattività. In previsione di queste condizioni, può essere utile incorporare capacità di regolazione delle emozioni e di tolleranza al disagio durante la terapia.

Un approccio alternativo sia agli interventi specifici sull’infedeltà sia alle terapie più ampie ma ancora generalmente incentrate sul problema (ad esempio terapie di coppia e TAU su vasta scala, validate empiricamente) è esaminato nello studio clinico randomizzato di Allen et al. (2012) sui corsi di educazione matrimoniale in un campione di 662 coppie dell’Esercito, il 23,4% delle quali ha riportato una storia di infedeltà.

L’intervento, il Programma di Educazione alla Prevenzione e alle Relazioni (Markman, Stanley e Blumberg, 2010), è stato erogato da cappellani dell’esercito, che avevano ricevuto una formazione sul protocollo, e prevedeva un seminario di un giorno e un ritiro nel fine settimana in cui le coppie venivano istruite sulle caratteristiche di matrimoni sani nel contesto militare (ad esempio comunicazione, risoluzione dei problemi, questioni di schieramento/reinserimento), ma non si è concentrato sull’infedeltà (Allen et al., 2012).

Coerentemente con la ricerca precedente, hanno osservato che le coppie con una storia di infedeltà avevano la minore soddisfazione e capacità di comunicazione prima dell’intervento e miglioravano a un ritmo maggiore rispetto alle coppie senza infedeltà. Atkins et al. (2005, 2010) hanno scoperto che entrambi i gruppi di coppie erano indistinguibili e che le coppie infedeli avevano livelli di abilità comunicative paragonabili alle coppie non infedeli, ma per queste coppie persisteva comunque una minore soddisfazione coniugale alla valutazione post-trattamento (Allen et al., 2012).

Considerati questi e i risultati degli altri tre studi sugli esiti del trattamento, sembra che vi siano limitazioni significative a tutti i trattamenti attuali che hanno ricevuto un esame empirico, indipendentemente dal loro livello di attenzione all’infedeltà. Ulteriori ricerche che confrontino l’efficacia di altri approcci clinici che includano un follow-up a lungo termine negli individui e nelle coppie sarebbero utili per migliorare le pratiche attuali e sviluppare nuove terapie.

Contatti

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Linee guida teoriche per il trattamento

A causa del loro focus empirico, nessuna delle revisioni del 2005 includeva le numerose linee guida teoriche per il trattamento scritte dai terapeuti e basate sull’esperienza clinica e su modelli teorici. A causa dei dati empirici minimi sull’efficacia della terapia e sull’efficacia del trattamento specifico dell’infedeltà, è utile esaminare queste linee guida teoriche, poiché la saggezza collettiva di questi terapeuti è preziosa e può fornire un approccio dal basso verso l’alto alla ricerca e alla pratica clinica.

Dupree et al. (2007) hanno sostenuto questa prospettiva, poiché hanno notato che molti trattamenti supportati empiricamente non forniscono una rappresentazione completa di ciò che è utile perché sono progettati utilizzando la ricerca di base e tendono a non incorporare una conoscenza approfondita delle pratiche sul campo. Gli autori hanno cercato di ridurre il divario tra professionista e ricercatore rivedendo le linee guida peer-reviewed disponibili fino al momento della loro pubblicazione al fine di identificare i fattori comuni e fornire un approccio basato sull’evidenza pratica (Dupree et al., 2007).

Le linee guida risultanti, basate sulla pratica, comprendono raccomandazioni per la valutazione di vari fattori: pensieri/emozioni, livello di crisi, psicopatologia, fase della vita di coppia/famiglia, modelli relazionali, modelli familiari di origine, fattori di stress esterni, tipo/durata della relazione, modalità di confessione dell’infedeltà. Le pratiche comuni sono state sintetizzate in diverse linee guida da cui strutturare gli interventi: fornire un piano di terapia di coppia all’inizio, stabilire i confini, allentare la crisi emotiva, riformulare cognitivamente l’infedeltà sulla base della valutazione delle aspettative/modelli passati, ristrutturazione sistemica delle interazioni /comunicazione, ricostruzione dell’attaccamento esprimendo dolore/perdono e creando un nuovo significato della relazione (Dupree et al., 2007).

Gli autori hanno scoperto che le linee guida teoriche redatte da studiosi e psicoterapeuti molto spesso sostengono la somministrazione del trattamento in tre fasi, e quindi raccomandano che la terapia con le coppie infedeli sia strutturata come segue: la prima fase prevede la riduzione dell’escalation, la valutazione e la pianificazione collaborativa del trattamento; nella seconda fase il terapeuta interviene attraverso la ristrutturazione cognitiva e la ristrutturazione degli attaccamenti emotivi; e la fase 3 è definita promuovendo il perdono e negoziando l’esito della relazione (Dupree et al., 2007).

Dupree et al. raccomandano inoltre attenzione ad altri processi, comprese le tensioni etiche tra riservatezza e mantenimento del segreto (ovvero fornire in anticipo politiche di riservatezza ed evitare di mantenere segreti a meno che non sia specificatamente controindicato) e l’impegno e l’aderenza al trattamento, che vengono affrontati principalmente consigliando che il terapeuta dovrebbe essere “diretto, attivo, collaborativo, di guida, flessibile, capace di dare consigli” rimanendo non giudicante, capace di fornire speranza (Dupree et al., 2007).


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Modelli di Trattamento

Sebbene la maggior parte siano abbastanza integrativi, è stato identificato che i modelli di trattamento sono emersi da diverse tradizioni teoriche, come la teoria dei sistemi (Dean, 2011; Erzar & Simonič, 2010; Fife et al., 2013; Peluso & Spina, 2008; Zola, 2007). , teoria dell’attaccamento (Duba et al., 2008; Reibstein, 2013), terapia narrativa (Parker, Berger e Campbell, 2010; Scuka, 2015; Williamson & Brimhall, 2017), terapia focalizzata sulle emozioni (Halchuk, Makinen e Johnson, 2010; Makinen & Johnson, 2006; Negash, Carlson e Linder, 2018; Schade & Sandberg, 2012), terapia cognitivo-comportamentale (Bravo & White Lumpkin, 2010; Buss & Abrams, 2017), teoria psicoanalitica (Bagarozzi, 2008; Leone, 2013; Oppenheimer, 2007) e approcci transteorici (Blow, 2005; Haney & Hardie, 2014; Morrissette, 2012; Sauerheber & Disque, 2016; Snyder et al., 2008).

Inoltre, alcuni autori hanno presentato una strutturazione della terapia di coppia attorno a una metafora della guarigione dopo l’infedeltà (Rider, 2011; Scuka, 2012; Warren, Morgan, Williams e Mansfield, 2008). Ad esempio, Warren et al. (2008) confrontano la relazione con un albero avvelenato e strutturano il loro trattamento in tre fasi attorno a questa metafora, sottolineando che l’albero non dovrebbe essere abbattuto prematuramente (contenendo la crisi iniziale), ma dovrebbe invece essere protetto dai danni (comprendendo il contesto che ha portato all’infedeltà), e nutrito perché cresca e porti nuovi frutti (perdono e ricostruzione dell’attaccamento).

La letteratura contiene anche linee guida adattate a specifici gruppi culturali o religiosi, come quelli buddisti (Warren et al., 2008), cristiani (Sauerheber & Ponton, 2017), indù (Madathil & Sandhu, 2008), ebraici e musulmani (Lambert & Dollahite, 2007). Karris & Arger, 2019; Reich & Kalantar, 2018) nonché prospettive spirituali non confessionali (Gibson, 2008).

Il trattamento è comunemente organizzato in tre o cinque passaggi o fasi lineari attraverso i quali i terapeuti guidano i propri clienti, anche se la maggior parte nota che, in pratica, la progressione è raramente lineare e più spesso assomiglia a una spirale (Wilkinson et al., 2012).

Bagarozzi (2008) sottolinea l’importanza di determinare la funzione dell’infedeltà valutando i cambiamenti importanti nello sviluppo e nelle circostanze di vita che potrebbero aver creato le condizioni per una relazione. Gibson (2008) ha proposto di includere una valutazione spirituale in questa fase, in cui il terapeuta può chiedere informazioni sull’affiliazione religiosa e sulle credenze spirituali della coppia, che possono essere inquadrate in termini di valori e cosa dà significato alla vita per i partner che non sono religiosi.

La maggior parte degli autori concorda sul fatto che una valutazione approfondita del funzionamento di ogni singolo partner, della relazione, della storia familiare più ampia e del contesto dell’infedeltà è importante per generare informazioni che verranno utilizzate nelle fasi successive del trattamento. La fase intermedia della terapia prevede la comprensione dell’infedeltà nel contesto della relazione, che molto spesso implica una prospettiva teorica sistemica e relazionale dell’infedeltà come prodotto di processi relazionali piuttosto che come risultato di motivazioni individuali o psicopatologie, indipendentemente dalle teorie teoriche primarie del modello.



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Avendo gettato le basi in questo modo, la fase finale del trattamento prevede l’incoraggiamento della crescita post-traumatica attraverso l’aumento della connessione emotiva, la costruzione della fiducia e il movimento verso il perdono. Gli interventi suggeriti per raggiungere questi obiettivi sono diversi e includono la psicoeducazione sul processo di perdono (Fife et al., 2013, Sauerheber & Ponton, 2017), pratiche per aumentare la fiducia e l’intimità derivate dalla teoria dell’attaccamento e dalla terapia focalizzata sulle emozioni (Makinen & Johnson, 2006; Reibstein, 2013; Schade & Sandberg, 2012) e tecniche di terapia narrativa per assistere nell’esternalizzazione del problema, nella creazione di significato e nella riformulazione dell’infedeltà come potenziale opportunità di crescita e trasformazione (Duba et al., 2008; Scuka, 2015)


Ipnosi clinica

 

Fife et al. (2013) presentano un modello clinico che integra la maggior parte di questi elementi, includendo una base in una comprensione sistemica dell’infedeltà come prodotto di processi relazionali, affrontando l’infedeltà come un trauma relazionale e fornendo un modello di trattamento in più fasi, abbastanza simile a Gordon et al. (2004), che prevede la riduzione delle reazioni alla crisi, la definizione di confini per promuovere la fiducia, la contestualizzazione della relazione all’interno della relazione e la facilitazione del perdono. Inoltre, presentano un’utile concettualizzazione e operativizzazione del perdono come processo interpersonale piuttosto che come evento individuale distinto.

Oppenheimer (2007) sostiene che gli approcci all’infedeltà dei sistemi familiari possono avere effetti iatrogeni su entrambi i partner, in modo tale che i partner non coinvolti sono soggetti a ulteriore sofferenza quando vengono erroneamente resi parzialmente responsabili della relazione. Invece di una reciproca accettazione della responsabilità, suggerisce di aiutare il partner non coinvolto a uscire dal ruolo che è stato indotto a svolgere e di aiutare il partner coinvolto a riconoscere l’introiezione (Oppenheimer, 2007).

In alternativa, sia Bus e Abrams (2017) che Bravo e White Lumpkin (2010) sostengono di presentare alle coppie una concettualizzazione dell’infedeltà che deriva dall’ampio corpo della ricerca psicologica evoluzionistica, che vede l’infedeltà nel contesto degli imperativi biologici e degli esseri umani evoluti. comportamenti. Si spiega che l’infedeltà è il prodotto dell’assuefazione alla relazione e delle rischiose strategie di accoppiamento a breve termine da parte del partner coinvolto, e il partner non coinvolto è incoraggiato a riformulare i propri sentimenti di tradimento e devastazione come strategie di mantenimento del partner coinvolto.

Comprendere la logica evolutiva della gelosia, in breve, fornisce ai pazienti strumenti concettuali per riformulare cognitivamente la gelosia e l’infedeltà. Piuttosto che invocare costumi culturali, questa terapia si basa sulla logica evolutiva delle emozioni e dei desideri e sulla loro possibile irrazionalità nell’ambiente moderno. (Buss & Abrams, 2017) Questi approcci suggeriscono anche di ridurre la ruminazione, promuovere il rilassamento, e aumentare le nuove esperienze nella relazione (Bravo & White Lumpkin, 2010; Buss & Abrams, 2017).

Il Terapeuta

Il terapeuta è tipicamente incoraggiato a mantenere un atteggiamento neutrale e non giudicante, anche di fronte a un’estrema disregolazione emotiva, e a stabilire dei limiti riguardo al mantenimento del segreto e al comportamento dei partners, come porre fine alla relazione se è ancora in corso (Snyder et al., 2008) e alla richiesta di una maggiore trasparenza da parte del partner coinvolto (Hertlein, Dulley, Cloud, Leon e Chang, 2017).

I Test della Clinica della Coppia
Autori
Dr. Giuliana Proietti - Tel. 347 0375949    &     Dr. Walter La Gatta - Tel. 348 3314908

I test non possono essere riprodotti senza autorizzazione scritta dell'autore

Fife et al., (2013), suggeriscono che il terapeuta possa aiutare i pazienti a esprimere i loro sentimenti utilizzando se stesso come surrogato del partner, almeno finché non sono in grado di comunicare direttamente in modo costruttivo.

Anche il riconoscimento esplicito e la convalida dei sentimenti di tradimento, perdita e devastazione del partner non coinvolto sono visti come una componente centrale del lavoro iniziale e sono considerati un prerequisito per gli obiettivi terapeutici successivi.

Fife et al. (2008) raccomandano che il terapeuta intervenga per aiutare i pazienti a vedere i loro problemi in modo nuovo, attraverso l’uso della ristrutturazione sistemica, e notano che in primo luogo, la ristrutturazione dovrebbe aiutare la coppia a vedere la situazione in termini circolari, invece della tipica visione lineare in cui un partner è visto come la vittima e l’altro come il cattivo. In secondo luogo, una ristrutturazione dovrebbe evidenziare gli aspetti positivi della relazione.

Anche Peluso e Spina (2008) mettono in guardia il terapeuta dal concentrarsi esclusivamente sull’evento dell’infedeltà e incoraggiano il lavoro per il miglioramento della relazione nel suo complesso. Questo viene spesso affrontato includendo obiettivi più generali, come la promozione dell’empatia e la ricostruzione del legame di attaccamento attraverso l’insegnamento della comunicazione empatica e delle tecniche di risoluzione dei problemi, nelle fasi intermedie della maggior parte dei modelli (Bravo & White Lumpkin, 2010; Leone, 2013).

Diversi modelli suggeriscono che la decisione sull’esito della relazione dovrebbe evolvere da una discussione guidata dal terapeuta, che deve essere rinviata fino alla fine del trattamento (Dupree et al. al., 2007; Fife et al., 2008; Snyder et al., 2008; Juhnke et al., 2008)

Alcuni autori sostengono che affrontare il tema del perdono aumenti la speranza e l’autostima dei pazienti, diminuisca l’ansia e la depressione e supporti un’espressione emotiva più sana nelle relazioni (Fitzgibbons, 1986; Fife et al., 2013; Harris et al., 2006)

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Linee guida per la divulgazione dell’infedeltà

Nonostante l’accordo sul fatto che si tratti di un aspetto critico del trattamento dell’infedeltà, il processo di rivelazione dell’infedeltà e la gestione delle rivelazioni da parte del terapeuta in terapia sono affrontati solo da alcune linee guida teoriche sul trattamento. Uno studio (Juhnke et al., 2008) ha dettagliato un processo di debriefing in nove fasi, con il suggerimento di condurre in una sessione di una o due ore prima di qualsiasi ulteriore trattamento, quando le coppie cercano una terapia per l’infedeltà.

Tuttavia, questo approccio presuppone che i partner non coinvolti siano a conoscenza di alcuni dettagli della relazione prima della terapia, e il protocollo si concentra principalmente sul processo e sulle reazioni alla precedente divulgazione per aiutare le coppie a progredire dalle discussioni cognitive sull’esperienza di infedeltà, attraverso un debriefing emotivo” dei loro sentimenti ed esperienze, e ritorno alle fasi cognitive focalizzate che consentono la discussione dei loro bisogni immediati e l’impegno a continuare.

Sebbene gli autori entrino nei dettagli considerevoli sul contenimento delle reazioni emotive alla divulgazione della relazione, non forniscono consigli sul ruolo del terapeuta nel regolare quali informazioni dovrebbero essere divulgate. Haney e Hardie (2014) suggeriscono che il partner non coinvolto dovrebbe essere supportato nel confronto con il partner coinvolto per ottenere “una piena divulgazione… come l’identità dei partner, la durata della relazione, la frequenza e la natura degli incontri e così via” nell’interesse di aiutare il partner non coinvolto ad accettare la realtà della situazione e iniziare a elaborare il trauma.

Avvertono tuttavia anche il terapeuta di monitorare l’accertamento dei fatti nel processo di divulgazione, in modo da evitare dettagli eccessivamente espliciti che potrebbero diventare pensieri intrusivi. Questi autori sostengono che la decisione dovrebbe in ultima analisi essere nelle mani del partner non coinvolto, e consigliare loro  una “regola delle 24 ore”, in base alla quale al partner non coinvolto viene concesso il tempo per decidere se desidera ascoltare maggiori dettagli.

Fife et al. (2008) considerano inutili domande dettagliate e consigliano invece al terapeuta di concentrarsi sul processo emotivo che si verifica tra i partner e sulle loro esperienze affettive sottostanti, piuttosto che sul contenuto dell’infedeltà. Hertlein et al. (2017) notano anche che la fiducia danneggiata può portare il partner non coinvolto a preoccuparsi di raccogliere prove sulla relazione attraverso la sorveglianza del proprio partner. Suggeriscono che la sorveglianza dovrebbe essere normalizzata, lavorando anche per stabilire un limite temporale per il comportamento e aiutando la coppia a creare fiducia per alleviare il bisogno di sorveglianza del partner non coinvolto.

Butler et al. (2009) notano che il processo decisionale etico relativo al processo di divulgazione richiede un’attenta considerazione dei contesti culturali. Sostengono che i valori culturali occidentali danno priorità ai diritti individuali e costituiscono il fondamento dei codici etici delle associazioni di salute mentale. In questa tradizione, sostengono che un terapeuta che aiuti un coniuge a nascondere a un altro le informazioni rilevanti per la relazione viola “l’etica occidentale della giustizia, dell’uguaglianza e dei diritti individuali nelle relazioni” (Butler et al., 2009, ).


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Considerazioni culturali

Nelle loro revisioni del 2005, sia Blow che Hartnett e Allen hanno notato che mancava una ricerca che si occupasse specificamente delle diverse identità socioculturali e che la tendenza di molti studi a utilizzare campioni di convenienza clinica e comunitaria, che erano tipicamente eterosessuali, caucasici , e con un livello di istruzione più elevato, era problematico in termini di generalizzabilità ad altri gruppi.

Età. Sebbene il maggiore aumento dei tassi di infedeltà per età sia stato riscontrato tra coloro che hanno 60 anni o più (Fincham e May, 2017), si sa molto poco sull’eziologia o sul recupero dalle relazioni in questo gruppo. Invece, la maggior parte della ricerca clinica si concentra sulla comparsa e sul trattamento dell’infedeltà negli adulti sposati di mezza età, e la ricerca che esplora gli atteggiamenti verso l’infedeltà, le reazioni e le ragioni dell’infedeltà è spesso condotta utilizzando campioni universitari, che potrebbero essere anche più lontani dai risultati standard.

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Ciò è sorprendente considerando la fase di cambiamenti della vita che si verificano in questa popolazione, come il pensionamento, i cambiamenti nei ruoli dei caregiver, le alterazioni dello stato fisico e cognitivo e i cambiamenti nella relazione dovuti all’ingresso in strutture di assistenza a lungo termine, tutti fattori che possono influenzare la probabilità che si verifichi un’infedeltà e le conseguenze per le persone coinvolte, nonché per la relazione.

Gli uomini adulti più anziani, che percepivano meno intimità nella loro relazione primaria, avevano maggiori probabilità di essere coinvolti in infedeltà, ma non sono state riscontrate differenze significative di genere nei tassi di prevalenza.

Disabilità. Una delle ragioni comunemente citate in letteratura per la mancata divulgazione dell’infedeltà da parte del terapeuta di coppia è la condizione che ciò avvenga in una relazione in cui un partner presta assistenza come caregiver per un altro che ha una disabilità e “dove il partner sta insieme solo per fornire assistenza medica e supporto emotivo” (Wilkinson et al., 2012).

Sfortunatamente, da questa revisione non è stato identificato nessuno studio che possa far luce sulle particolari preoccupazioni delle popolazioni con disabilità, il che è sorprendente considerando, ad esempio, i tassi più elevati di divorzi riscontrati nei matrimoni in cui un partner vive con una lesione del midollo spinale (Kreuter, 2000). ; Karana-Zebari, de Leon e Kalpakjian, 2011).

Poiché l’infedeltà è costantemente identificata come una delle ragioni di divorzio più comunemente citate (Allen & Atkins, 2012; Blow & Hartnett, 2005), è ragionevole supporre che l’infedeltà abbia un ruolo in almeno alcuni dei divorzi in questa popolazione.

Dalle revisioni del 2005, si è tenuto conto del ruolo della religione nei tentativi dei ricercatori di prevedere chi commetterà infedeltà, come rispondere ai bisogni spirituali delle coppie in terapia e come la fede in un potere superiore potrebbe influenzare la guarigione degli individui. in seguito ad un’infedeltà.

Come discusso in precedenza, l’influenza della religiosità sulla decisione di commettere infedeltà è complessa, come evidenziato dai dati rappresentativi di un’indagine nazionale che indicano che una frequenza più frequente ai servizi religiosi e l’accordo sul fatto che la Bibbia è la parola letterale di Dio è un fattore protettivo contro l’infedeltà. Tuttavia, una fede più forte e una vicinanza percepita a Dio prevedono un aumento dell’infedeltà sessuale (Atkins & Kessel, 2008; Burdette et al., 2007; Fincham & May, 2017).

Uno studio qualitativo ha utilizzato un approccio teorico fondato per analizzare interviste con coppie sposate altamente religiose, di classe medio-alta, cristiane, ebree e musulmane, illuminando così alcuni dei potenziali processi attraverso i quali la religiosità potrebbe rafforzare la fedeltà (Lambert & Dollahite, 2007).

Nelle coppie con forte osservanza religiosa la fedeltà viene percepita come un valore.  Sebbene questi risultati non siano generalizzabili all’intera popolazione a causa delle caratteristiche del campione, forniscono considerazioni utili per i terapeuti che lavorano con coppie per le quali le credenze religiose sono salienti.

Sebbene quasi tutte le linee guida cliniche per il trattamento dell’infedeltà incluse in questa revisione sostengano una valutazione iniziale approfondita del funzionamento dell’individuo e della relazione, molte non includono esplicitamente le credenze religiose o spirituali come area di indagine.

Ciò potrebbe riflettere la tendenza riscontrata da Fife e Whiting (2007) dei terapeuti professionisti a prendere le distanze dalle questioni religiose e spirituali. Gibson (2008) ha affrontato questo problema proponendo linee guida per la valutazione delle credenze religiose e spirituali insieme a un caso esemplificativo che dimostra l’utilità di inquadrare gli interventi e di empatizzare con le emozioni vissute dalla coppia in un contesto religioso. Bird et al. (2007) hanno anche trovato prove che le coppie percepiscono l’adattamento da parte del terapeuta ai loro valori e alle loro credenze religiose come utile nel facilitare il perdono e la guarigione in seguito all’infedeltà.

Anche se le coppie decidono di porre fine alla relazione dopo un’infedeltà, i risultati indicano che il benessere spirituale predice meglio l’adattamento al divorzio  (Steiner, Durand, Groves e Rozzell, 2015; Steiner, Suarez, Sells, & Wykes, 2011), il che suggerisce che potrebbe essere utile per i terapeuti facilitare le discussioni sulle credenze spirituali con i pazienti che hanno sperimentato l’infedeltà. Inoltre, sebbene manchino di validazione empirica, diverse linee guida teoriche affrontano il trattamento delle coppie infedeli provenienti da specifiche tradizioni religiose o spirituali, tra cui Buddismo (Warren et al., 2008), Cristianesimo (Sauerheber & Ponton, 2017), Induismo (Madathil & Sandhu, 2008 ) e Islam (Reich & Kalantar, 2018) e includono considerazioni culturali utili per i terapisti che lavorano con queste popolazioni Razza/etnicità.

Sebbene molti studi riconoscano come limite la mancanza di diversità dei loro campioni, la stragrande maggioranza delle ricerche sull’infedeltà continua a essere condotta su americani caucasici e pochissime ricerche empiriche hanno esplorato il modo in cui gli individui provenienti da diversi gruppi etnici negli Stati Uniti possono sperimentare e rispondere all’infedeltà effettiva (vs. ipotetica) di un partner. Come discusso in precedenza, i dati rappresentativi di un’indagine nazionale indicano che gli afroamericani mai sposati hanno maggiori probabilità dei caucasici di riferire di aver avuto rapporti sessuali con qualcuno diverso dal proprio coniuge, e gli ispanici sono meno propensi dei tre gruppi a riferire di rapporti sessuali extraconiugali (Fincham e May, 2017; Wang, 2018).

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Pertanto, si sa molto poco su altre forme di infedeltà (ad esempio, infedeltà emotiva e su Internet) in popolazioni etnicamente diverse.

Stato socioeconomico. In generale, la ricerca sull’infedeltà tende ad essere condotta su individui con un reddito medio e con un livello di istruzione più elevato, in particolare data la frequenza del campionamento di convenienza universitaria e la tendenza dei medici a concettualizzare le loro linee guida teoriche di trattamento attorno alle esperienze di questi tipi di pazienti, che sono i dati demografici più probabili a presentarsi per la terapia di coppia (Substance Abuse and Mental Health Services Administration, 2015) .

Oltre alle ricerche precedentemente citate che hanno discusso lo stato socioeconomico nel contesto dei gruppi di minoranze etniche, due studi qualitativi si sono concentrati specificamente sulla fenomenologia dell’infedeltà tra gli individui a basso reddito (Fosse, 2010; Hill, 2007). Hill (2007) ha esaminato un sottocampione qualitativo del Fragile Families Survey e ha scoperto che l’infedeltà veniva discussa come un fattore precipitante in ogni caso di dissoluzione della relazione tra genitori non sposati e a basso reddito.

Fosse (2010) ha intervistato 38 uomini a basso reddito che vivevano nel centro di Boston e ha proposto un modello di atteggiamenti che portano all’infedeltà: un senso di dubbio, o sfiducia generalizzata e mancanza di fiducia nella fedeltà del proprio partner che è stato modellato dall’esperienza di povertà e instabilità domestica; dovere nei confronti della propria rete sociale di strette relazioni maschili, che servono da sostituto dell’assente sostegno familiare; e un destino scorciato, influenzato da opportunità limitate e minacce alla sicurezza personale che riducono l’inibizione del volto di tentazione sessuale.

Orientamento sessuale. Nel 2005, Blow e Hartnett lamentarono la mancanza di ricerche sulle coppie dello stesso sesso e, anche 15 anni dopo, le informazioni sulle norme relazionali e sull’infedeltà in queste popolazioni continuano ad essere limitate. Non ci sono dati sufficienti per stimare i tassi di prevalenza dell’infedeltà nelle coppie gay, lesbiche e bisessuali impegnate, e diversi studi indicano particolari sfide per misurare l’infedeltà in questi gruppi.

Ad esempio, Brady, Iantaffi, Galos e Rosser (2013) hanno trovato ulteriore supporto empirico per risultati qualitativi (Hoff & Beougher, 2010) e articoli teorici scritti da medici specializzati nel lavoro con le popolazioni LGBTQ (Burch, 2008; Martell & Prince, 2005), che gli uomini gay impegnati in una relazione possono definire la monogamia in modo diverso ed essere più disposti a riconoscere accordi diversi riguardo al sesso al di fuori della relazione primaria rispetto alle coppie eterosessuali.

Tuttavia, come nelle relazioni eterosessuali, l’infedeltà sembra essere associata ad un aumento del rischio di conseguenze negative per la salute, poiché i partecipanti che hanno riconosciuto il “tradimento” sia nelle relazioni monogame che in quelle aperte avevano maggiori probabilità di avere rapporti anali non protetti sia con il loro partner primario che con quello extradiadico (Brady et al. al., 2013). In quanto tale, sembra che siano le qualità intrinseche dell’infedeltà di segretezza e tradimento delle norme relazionali implicite o esplicite, piuttosto che avere una relazione non monogama o più partner sessuali, a mettere gli uomini gay maggiormente a rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili.

Sono stati identificati due studi che hanno esaminato l’infedeltà e i suoi correlati negli individui bisessuali. Hoang, Holloway e Mendoza (2011) hanno scoperto che le donne con una minore congruenza dell’identità bisessuale avevano livelli più elevati di bifobia interiorizzata e avevano maggiori probabilità di denunciare infedeltà.

Lo studio di Turell et al. (2018) ha anche dimostrato che la maggiore bifobia interiorizzata degli individui bisessuali e l’infedeltà reale o percepita erano i più predittivi dell’IPV, che è risultato essere sproporzionatamente alto nelle comunità bisessuali. Di conseguenza, è consigliabile rivolto ai terapeuti che trattano l’infedeltà in questa popolazione per valutare per ciascun membro della coppia lo stadio di sviluppo dell’identità sessuale, i suoi atteggiamenti nei confronti dell’identità sessuale del partner, nonché la presenza di infedeltà e IPV.

Burch (2008) sostiene che le relazioni lesbiche hanno confini più flessibili, poiché si sono evolute all’interno della propria cultura in risposta ai vincoli sociali e in parte in opposizione agli ideali eterosessuali riguardo al matrimonio.

Come Burch, Martell e Prince (2005) incoraggiano i terapeuti che lavorano con coppie lesbiche a esaminare i propri pregiudizi e ad evitare di dare per scontato che il sesso al di fuori della relazione primaria sia infedeltà o, in alternativa, che il sesso sia necessario per costituire una relazione. Sebbene questo lavoro serva a promuovere il discorso sulle questioni relative all’infedeltà che sono rilevanti per questa comunità, mancano di validazione empirica e sono meno utili per i terapeuti che cercano trattamenti basati sull’evidenza per clienti diversi.

Tuttavia, la maggior parte dei trattamenti non affronta direttamente l’influenza delle dinamiche di potere di genere sulla ripresa dalle relazioni amorose (Williams & Knudson-Martin, 2013). La revisione femminista delle linee guida cliniche per il trattamento dell’infedeltà di Williams e Knudson-Martin (2013) ha rilevato che il genere e il potere tendono ad essere riconosciuti ma non erano componenti centrali della maggior parte dei modelli di trattamento. Citano ricerche che indicano che l’uguaglianza è fondamentale nelle relazioni di successo e propongono che, trascurando di informare gli interventi con una comprensione sensibile delle dinamiche di potere basate sul genere, i terapisti rischiano di perpetuare squilibri di potere malsani nelle relazioni, di cui le infedeltà possono essere un sintomo.

Dr. Walter la Gatta

Dr. Walter La Gatta

 

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Fonte:

Treatment of infidelity as a clinical issue in couple therapy: a critical review of the literature
Wilhelmina Emma Stamps, Pepperdine University, 2020

Immagine
Foto di Timur Weber: https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-coppia-donna-giovane-8560012/

Di Dr. Walter La Gatta

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