Il matrimonio fa bene alla salute?
Il matrimonio è ormai diventato una scelta di minoranza, dal momento che la maggior parte delle persone sceglie la convivenza. Secondo Geoff Dench (2009) della Greenwich University, una volta la famiglia era il nucleo della società, ma a cominciare dalla metà del secolo scorso, le persone hanno cominciato a cambiare opinione sul ruolo della famiglia nella società ed anche sugli stessi ruoli familiari.
Non c’è più la rigida differenziazione sessuale dei compiti domestici, dalle donne non ci si aspetta più che badino solamente alla casa e ai figli e non è detto che debbano essere per forza i padri ad andare a guadagnarsi uno stipendio fuori dalle mura domestiche. I giovani adulti pensano che le donne debbano lavorare a tempo pieno e non ritengono affatto che l’allevare i figli sia “la maggiore gioia della vita”. Per questo, conclude lo studioso, la “vita della famiglia convenzionale è ormai una cosa che riguarda il passato”.
A25/A4
Questa analisi si riferisce alla società britannica, ma la situazione italiana non sembra poi così diversa. I dati Istat mostrano che, dal 1972, i matrimoni in Italia sono andati via via diminuendo. Negli ultimi quattro anni la tendenza si è notevolmente accentuata (-4,5% tra il 2007 e il 2011, a fronte di -1,2% rilevato negli ultimi 20 anni) in tutte le regioni d’Italia.
A diminuire sono sia le prime che le seconde nozze e questo dimostra che non sono solo i più giovani a scegliere la convivenza. Se ci si sposa, lo si fa tardi: 31 anni in media le donne e 34 anni gli uomini. Cala inoltre il matrimonio religioso e si conferma la prevalenza dei matrimoni in regime di separazione dei beni (due su tre).
Eppure, le ricerche di questi ultimi anni sulla vita di coppia sembrano in gran parte esaltare la scelta matrimoniale, considerandola un viatico eccellente per chi desidera raggiungere salute, tranquillità e felicità.
La terapia di coppia offre un percorso verso il cambiamento,
immediato e duraturo.
E’ da molto tempo che si studia la vita di coppia. Pioniere di questa tipologia di ricerche fu, nel 1858, William Farr, un epidemiologo britannico, il quale studiò per la prima volta la “condizione coniugale” della popolazione francese. Lo studioso divise la popolazione adulta in tre categorie distinte: gli “sposati”, i “celibi”, i “vedovi”. Utilizzando dati relativi a nascita, morte e durata del matrimonio, Farr analizzò i tassi di mortalità dei soggetti appartenenti ai tre gruppi, scoprendo per la prima volta che i “celibi” morivano assai di più rispetto agli “sposati” ed i “vedovi”, in proporzione, stavano peggio di tutti gli altri.
Questo primo studio scientifico di Farr mise dunque in rilievo l’esistenza di un effetto benefico sulla salute, dovuto specificamente al matrimonio. Oggi questo studio apparirebbe assai generico, vista la varietà e la complessità delle relazioni intime (rispetto al passato ci sono infatti i casi dei gay singoli e dei gay sposati, dei separati e dei divorziati, dei conviventi e degli sposati) e per questo gli studi accademici sono sempre più specifici sulla tipologia delle singole coppie, con risultati a volte attesi, a volte meno attesi, che comunque vanno sempre interpretati e mai presi tout-court.
Per fare un esempio, la maggior parte di questi studi mostra che gli sposati sono in migliori condizioni fisiche rispetto ai non sposati, ma con questo sarebbe sbagliato concludere che il matrimonio sia di per sé un elisir di lunga vita.
Potrebbe infatti essere il matrimonio a rendere le persone più felici, ma è anche possibile che le persone che si sposano godano già di uno stato di salute migliore, rispetto a chi non si sposa. E’ la stessa cosa che succede quando si mettono a confronto i dati su stato anagrafico e disoccupazione: una ricerca mostra che i celibi sono maggiormente soggetti alla perdita del lavoro. Dunque è il matrimonio che protegge le persone dalla disoccupazione? No: secondo i ricercatori gli sposati sono coloro che avevano già in partenza una condizione socio-economica privilegiata rispetto ai singles e dunque è grazie ad essa che perdono il lavoro meno degli altri.
Resta il fatto che, al di là delle possibili interpretazioni, i dati indicano chiaramente che le persone sposate hanno minori probabilità di contrarre la polmonite, di subire un intervento chirurgico, di sviluppare il cancro o avere un infarto, corrono un minore rischio di ammalarsi di demenza senile, di morire di morte violenta come in un incidente o in un omicidio, ecc. ecc.
Studi come questi hanno molto influenzato la politica americana in questi ultimi anni, che ha disposto lo stanziamento di ingenti somme per incoraggiare i cittadini a sposarsi, o a rimanere sposati: con scarso successo, per la verità. Al di là degli scoraggianti risultati americani, ha un senso proporre il matrimonio come l’uovo di Colombo per assicurarsi la salute?
In realtà, analizzando meglio i dati, ci si accorge che i matrimoni che migliorano la qualità della vita sono quelli felici, non tutti i matrimoni, in generale. Moltissimi studi hanno infatti evidenziato quanto un matrimonio infelice possa influire negativamente sulla salute della persona, per lo stress che viene a determinare, nei coniugi e nella loro relazione. E’ chiaro dunque che, quando si parla di matrimonio che fa bene alla salute, si parla di matrimonio felice, o, ancor meglio, si pensa ad una felice relazione di coppia, anziché all’istituzione matrimoniale sancita dal diritto.
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Un dato interessante, tratto dalle ricerche, è che il matrimonio migliori in primis la qualità della vita degli uomini: sono passati più di 100 anni da quando gli studiosi hanno cominciato a rilevare che gli uomini che vivono soli sono meno sani dei congeneri sposati. I fattori ipotizzati sono vari e riguardano in particolare le minori risorse, logistiche ed emotive, di cui essi dispongono. Una interessante ricerca del 2012, effettuata dall’associazione nazionale inglese dei gestori di farmacia (Npa) ha scoperto che gli uomini hanno molte meno probabilità delle donne di usufruire dei servizi locali di sanità pubblica, oppure di andare a fare spese in farmacia, o di consultare il loro medico di base.
A quanto pare, quasi 9 uomini su 10 non vanno dal medico o dal farmacista, a meno che non abbiano un “problema serio” e anche allora, se possono, evitano. Questa reticenza è stata attribuita in gran parte alla sindrome da camice bianco, una sorta di paura verso le autorità mediche e, naturalmente, al machismo, per cui ogni medico è, in fondo, un potenziale rivale, piuttosto che un alleato per la propria salute. (In media, gli uomini vanno in farmacia 4 volte all’anno rispetto alle 18 volte in cui vanno le donne; quando al medico di famiglia, gli uomini ci vanno in media 4 volte all’anno, le donne 6 volte).
Questi dati sono illuminanti su quanto una buona relazione di coppia possa cambiare la vita di uomini poco abituati e poco interessati a prendersi cura della propria salute. Vi sono tuttavia altre ricerche che mostrano come “la buona moglie” possa essere oggi efficacemente sostituita dallo Stato, attraverso l’accesso alle risorse sociali e al supporto pubblico.
Se la vita dei singles non è bella, ancor peggio appare, da questi studi sulla coppia, quella dei separati, dei vedovi e dei divorziati, cioè di quelle persone che hanno in passato conosciuto il matrimonio, per poi tornare alla solitudine. Questa categoria di persone sembra avere uno stato di salute peggiore dei singles che sono stati tali tutta la vita (uno studio del 2009 dell’Università di Chicago mostra ad esempio come i divorziati e i vedovi abbiano il 20% di probabilità in più, rispetto agli sposati, di ammalarsi di cuore, diabete o cancro). I vantaggi della vita matrimoniale insomma, se ci sono, valgono solo per il presente e non vengono capitalizzati: spariscono completamente non appena si cambia lo stato civile.
Love is Love:
Clinica della Coppia is LGBT Friendly
E se si fosse così fortunati da trovare un nuovo/una nuova partner? Niente di particolarmente entusiasmante: i neo-risposati mostrano infatti di avere ancora il 12 per cento in più di problemi di salute cronici e il 19% in più di problemi relativi alla mobilità, rispetto a chi è sempre rimasto sposato con la stessa persona.
E’ interessante notare che il legame fra benessere e matrimonio non riguarda solo le coppie eterosessuali, ma anche le coppie gay: forse Farr non avrebbe mai immaginato che in un lontano futuro le unioni stabili da studiare avrebbero potuto riguardare persone dello stesso sesso, regolarmente coniugate… Ma così è.
Nel corrente numero di Marzo 2013 del Journal of Health and Social Behavior vi sono ben due articoli sull’argomento, che confrontano lo stato di salute (auto-percepito) delle coppie dello stesso sesso e con quello di coppie di sesso diverso, negli Stati Uniti. Entrambi gli studi concludono che le coppie di conviventi, dello stesso sesso o di sesso diverso, presentano, rispetto ai non conviventi, un migliore stato generale di salute, anche se le coppie di sesso diverso, rispetto alle coppie omosessuali, riferiscono livelli più soddisfacenti di salute rispetto alle coppie omosessuali (probabilmente a causa di una minore possibilità, per i gay, di stabilire una rete protettiva di rapporti sociali e livelli molto elevati di stress dovuti all’omofobia e/o alla discriminazione).
Il migliore stato di salute percepito dalla coppia con rapporto stabile spesso si associa però, paradossalmente, con un peggioramento delle condizioni estetiche e della forma fisica dei partners (secondo un recente studio, lo stato di maggiore tranquillità e sicurezza in cui vivono gli sposati produce un aumento della massa grassa e un deterioramento estetico, dovuto alla mancanza di cure per la propria persona). Solo i partners che hanno un matrimonio in crisi e che sentono aria di divorzio tornano a curarsi della forma fisica e della loro estetica ed il motivo è facile intuirlo.
Concludendo, potremmo dire che non è l’istituzione matrimoniale in sé a renderci felici e in buona salute, ma è la possibilità di vivere una vita in condizioni di serenità, tranquillità e soddisfazione. Per questo, è importante adoperarsi per una corretta scelta del/della partner, perché essa è poi determinante per la qualità della vita delle persone e per la loro salute. Anche dopo aver scelto la persona giusta però, è importante curare il proprio rapporto di coppia, perché non si deteriori con il trascorrere del tempo.
- trova il tempo per fare l’amore;
- saluta sempre il tuo partner con gioia;
- mantieni vivo il romanticismo, anche se ci sono i figli;
- fai chiarezza sulle questioni economiche;
- tieni a bada la rabbia.
… Tutto qui.
Dr. Giuliana Proietti
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Pubblicato anche su Huffington Post
Dr. Giuliana Proietti
Una presentazione sull'orgasmo femminile

Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
ANCONA FABRIANO CIVITANOVA MARCHE TERNI e ONLINE
● Attività libero professionale, prevalentemente online
● Saggista e Blogger
● Collaborazioni professionali ed elaborazione di test per quotidiani e periodici a diffusione nazionale
● Conduzione seminari di sviluppo personale
● Attività di formazione ed alta formazione presso Enti privati e pubblici
● Co-fondatrice dei Siti www.psicolinea.it, www.clinicadellacoppia.it, www.clinicadellatimidezza.it e delle attività loro collegate, sul trattamento dell’ansia, della timidezza e delle fobie sociali e del loro legame con la sessualità.
Sito personale: www.giulianaproietti.it